Il Dottore Commercialista di Studio Scudo analizza i punti di forza e di debolezza delle diverse vesti giuridiche e consiglia l’imprenditore per scegliere la più adatta ad operare nel mercato. In questo articolo il Dottore Commercialista approfondisce le forme giuridiche della Ditta Individuale e del Libero Professionista.
Partita IVA lavoro autonomo: Ditta Individuale e Libero Professionista
Esistono varie forme di partita IVA lavoro autonomo che differiscono per tipo di attività e modalità di organizzazione.
Le attività di lavoro autonomo o indipendente si suddividono, secondo le norme civilistiche fiscali, in 2 macrocategorie:
- Ditta Individuale: attività di impresa artigianale (es. parrucchiere, falegname) o commerciale (es. negoziante, procacciatore d’affari). La Ditta Individuale è una delle forme più in uso per fare impresa. Si tratta di un’attività svolta da un unico soggetto titolare dell’impresa che può avvalersi di collaboratori (familiari e/o dipendenti). La ditta individuale è l’attività d’impresa esercitata da una persona fisica (e non da persona giuridica: società, associazioni, cooperative, ecc.).
- Libero Professionista: attività di lavoro autonomo intellettuale (e non di tipo manuale o prettamente commerciale) svolto da persona fisica. Opera senza vincoli di subordinazione rispetto al committente, in autonomia e con mezzi propri. Realizza l’opera e/o il servizio dietro pagamento di un compenso.
Si inizia con la Prestazione Occasionale?
A volte si confonde la prestazione occasionale come forma primordiale del Lavoro Autonomo.
Il Dottore Commercialista sottolinea che tale forma di lavoro non è un passaggio obbligatorio, perché si tratta semplicemente di una forma di lavoro “occasionale” (saltuaria e sporadica) che presenta vari limiti, quali:
- i committenti devono essere persone giuridiche e non persone fisiche;
- le collaborazioni non possono superare i 30 giorni l’anno per committente;
- si ha un massimo di Euro 5.000 all’anno di prestazioni occasionali, dopodiché sarà necessaria l’iscrizione alla Gestione Separata INPS e comunicarlo ai committenti che dovranno versare 2/3 dei contributi spettanti e il rimanente terzo dovrà essere trattenuto in fase di emissione della ricevuta;
- si ha il divieto di pubblicizzare, sia online che offline, i propri prodotti/servizi.
Non è da escludere che un aspirante imprenditore inizi con qualche “lavoretto” in prestazione occasionale, ma comunque il passaggio da fare per intraprendere un’attività strutturata “in proprio” è l’apertura della Partita IVA.
Aprire la Partita IVA: le differenze tra Ditta Individuale e Libero Professionista
Per dare avvio all’attività di partita IVA lavoratore autonomo si deve scegliere:
- il Regime Fiscale a cui assoggettarsi;
- il Codice Ateco da associare alla Partita IVA che determina anche la categoria di appartenenza: ditta individuale o libero professionista.
Il libero professionista, oltre a scegliere quanto sopra, per aprire la Partita IVA deve soltanto effettuare una comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate, senza alcun costo, se non l’eventuale compenso da corrispondere se incarica dell’attività il Commercialista o altro Consulente.
L’Agenzia delle Entrate rilascia poi il numero di Partita IVA (codice a 11 cifre) che rimarrà sempre lo stesso fino al termine dell’attività.
Per quanto riguarda la ditta individuale artigianale o commerciale, oltre alla compilazione e all’invio del modulo di richiesta di apertura della Partita IVA, si deve registrare all’albo Artigiani o alla Camera di Commercio.
Questo comporta anche la tassa per la registrazione e diritto camerale da versare ogni anno in misura fissa. Tutte queste pratiche sono state raccolte in un unico modulo “Comunica” che permette anche di aprire, quando necessario, la posizione previdenziale INPS e la posizione INAIL.
Inoltre, la ditta individuale commerciale deve presentare la pratica di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e dopo aver ottenuto la ricevuta protocollata dallo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) può iniziare l’attività economica.
Partita IVA e INPS
Tutti i lavoratori che non hanno una cassa previdenziale di categoria devono versare i contributi all’INPS.
Anche se le Gestioni previdenziali dell’INPS sono diverse per i liberi professionisti e le ditte individuali, l’aliquota contributiva è molto simile e si aggira intorno al 25% del reddito (fatturato meno costi; la modalità di calcolo è diversa per i forfettari).
L’INPS prevede anche degli importi di massimale di reddito ai fini della contribuzione: approssimativamente se si ha un reddito maggiore di Euro 105.000 i contributi da versare saranno calcolati solo sull’importo massimale e non sulla porzione del reddito che supera tale soglia.
Il lavoratore autonomo che ha un contratto di lavoro dipendente può essere esonerato dalla contribuzione previdenziale per le Partite IVA se il lavoro dipendete è prevalente (almeno più di 20 ore la settimana).
L’INPS dei Liberi Professionisti – Gestione Separata
Il Libero Professionista che non ha una cassa previdenziale di categoria (es. geometri, medici) deve iscriversi alla Gestione Separata INPS.
Sono molti i liberi professionisti che non hanno una Cassa di riferimento, ad esempio: consulente web, consulente sicurezza sul lavoro, consulente informatico – sistemista, logopedista, amministratore di condominio.
Gli iscritti alla Gestione Separata INPS non devono versare contributi fissi o minimi, ma solo in proporzione al reddito.
L’INPS degli Artigiani e Commercianti
L’imprenditore che ha aperto la Partita IVA come ditta individuale deve iscriversi alla Gestione Artigiani e Commercianti INPS.
In questo caso è previsto un importo minimo annuale di contribuzione anche se i ricavi sono nulli: circa Euro 4.000 all’anno (corrispondono a circa il 25% di un “reddito minimo” indicato dall’INPS pari a circa Euro 16.000).
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Partita IVA e IRPEF
Anche ai fini fiscali la scelta del regime contabile è estremamente importante.
Ci sono 2 macrocategorie in cui possono ricadere i lavoratori autonomi:
- regime semplificato (eventualmente in regime ordinario in caso di ditta individuale con ricavi superiori a Euro 400.000 per le attività di prestazione di servizi e di Euro 700.000 per altre attività);
- regime forfettario.
Di seguito il Dottore Commercialista di Studio Scudo analizza la tassazione IRPEF per i lavoratori autonomi in regime semplificato, mentre consiglia la lettura di articolo ad hoc per i lavoratori forfettari.
L’IRPEF per i lavoratori autonomi
I professionisti e le ditte individuali sono soggetti ad un’unica imposta complessiva e progressiva la cui aliquota percentuale varia in base al reddito percepito: IRPEF.
Si ricorda che i lavoratori autonomi in regime semplificato devono applicare l’IVA in fattura, ma questa non può considerarsi come un’imposta diretta (anche se con cadenza trimestrale devono versare all’Agenzia delle Entrate l’ammontare dell’IVA sulle vendite meno l’IVA sugli acquisti), perché si tratta di un’imposta indiretta che riguarda il valore aggiunto della produzione e lo scambio di beni o servizi e quindi grava soltanto sull’effettivo utilizzatore finale del bene o del servizio.
La norma prevede che per il calcolo della base IRPEF dai ricavi (importi incassati nel periodo d’imposta) vengano escluse (in gergo “scaricate”) le spese legate allo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo e i contributi previdenziali versati.
Come pagare l’IRPEF per i lavoratori autonomi
Il partita IVA lavoratore autonomo deve presentare, anche grazie al Commercialista, la dichiarazione dei redditi dove viene determinato l’importo delle imposte e, in caso di professionista iscritto alla Gestione Separata INPS anche l’importo dei contributi da versare.
Entro il 30 giugno di ogni anno il lavoratore autonomo deve versare il saldo IRPEF e il primo acconto ed entro il 30 novembre il secondo acconto. Tali versamenti possono essere rateizzati.
Il lavoratore autonomo può detenere le quote di una SRL
Oltre all’attività imprenditoriale che svolge il lavoratore autonomo, con la propria Partita IVA può detenere le quote di società di capitali come le SRL.
In caso di distribuzione degli utili a persona fisica titolare di partita IVA (ditta individuale o libero professionista) è applicata l’aliquota IRPEF ordinaria sulla base imponibile pari al 58,14% (esenzione del 41,86%).
Vantaggi e Svantaggi del Lavoratore Autonomo rispetto a SNC, SAS e SRL
Aprire la Partita IVA come lavoratore autonomo ha dei vantaggi e degli svantaggi “soggettivi e/o oggettivi”.
Qui di seguito il Dottore Commercialista di Studio Scudo elenca tutte le peculiarità del lavoro autonomo, evidenziando vantaggi e svantaggi oggettivi rispetto ad operare con altre vesti giuridiche:
- libertà di organizzazione e sviluppo in autonomia di un progetto imprenditoriale;
- assenza di soci;
- responsabilità illimitata per le obbligazioni assunte [svantaggio]
- costi limitati per l’apertura della Partita IVA [vantaggio];
- possibilità di accedere al regime forfettario [vantaggio];
- costi limitati per la elaborazione e gestione contabile, considerando i minori adempimenti rispetto a società di persone e soprattutto di capitali [vantaggio];
- impossibilità di erogare il compenso amministratore e di percepire quindi le Trasferte Italia e i Rimborsi Chilometrici [svantaggio];
- non applicabilità dell’imposta IRAP [vantaggio];
- imposizione fiscale direttamente in capo al lavoratore autonomo e non alla società (come per le SRL, SPA, SAPA) [da valutare vantaggi/svantaggi con il Commercialista].
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