Per l’imprenditore e l’imprenditrice: TFR in azienda o in Previdenza Complementare, cosa cambia
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) corrisponde al 6,91% della Retribuzione Annua Lorda (RAL) che viene annualmente accantonata dall’azienda per essere corrisposta al personale alla cessazione del rapporto di lavoro.
Questa frazione di retribuzione può essere destinata anche ad un fondo pensione integrativo per contribuire alla previdenza complementare del lavoratore (secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo del 2005 numero 252).
Per un approfondimento è disponibile il nostro articolo per i lavoratori su destinazione TFR in merito a pro e contro del mantenere il TFR in azienda o destinarlo ad un Fondo Pensione.
Calcolo della quota di Trattamento di Fine Rapporto
Il testo della norma che definisce il TFR recita:
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5.
Per determinare il TFR bisogna dividere la retribuzione annua lorda per 13,5 e sottrare una quota pari allo 0,5% dell’imponibile (questa quota serve per alimentare il fondo di garanzia dell’INPS che assicura il pagamento della liquidazione, anche quando l’impresa fallisce).
In pratica, il datore di lavoro deve accantonare il 6,91% degli stipendi imponibili percepiti dal lavoratore e versare all’INPS lo 0,5% (6,91 + 0,50 = 7,41% che è la percentuale corrispondente alla divisione per 13,5).
TFR in azienda o al Fondo Pensione: cosa cambia per l’impresa
La decisione in merito alla destinazione del TFR spetta ai lavoratori e alle lavoratrici; l’azienda con il supporto del Consulente del Lavoro e del Commercialista può eventualmente consigliare il personale e indirizzarlo in modo che la scelta sia quanto più consapevole possibile.
Di seguito il Commercialista di Studio Scudo espone i vantaggi e gli svantaggi per l’azienda, senza prediligere una scelta rispetto all’altra, perché per ogni realtà il Commercialista può consigliare una determinata opzione.
Vantaggi e svantaggi del TFR in azienda
Per un’impresa con meno di 50 dipendenti, il TFR lasciato in azienda dal personale può essere utilizzato come una forma di autofinanziamento (vantaggio per l’azienda).
Le aziende con più di 50 dipendenti hanno l’obbligo di trasferire i TFR nel Fondo di Tesoreria presso l’INPS, mentre quelle più piccole lo trattengono in azienda e lo iscrivono a bilancio.
Quindi un’impresa medio grande non può usufruire del vantaggio della liquidità in cassa, perché deve versare mensilmente i TFR al Fondo di Tesoreria dell’INPS.
Se tutti i lavoratori e le lavoratrici di una piccola impresa decidessero di approfittare della norma del 2005 e trasferire il loro TFR alla previdenza complementare non ci sarebbe comunque un ammanco per l’azienda.
L’opzione della previdenza integrativa vale solo per il TFR che maturerà dopo la richiesta di versamento ad un Fondo Pensione, non per quello già presente in azienda. Quest’ultimo può essere trasferito solo se l’azienda dà il suo consenso.
La rivalutazione del TFR mantenuto in azienda
Il TFR, con l’esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dal 1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Il TFR, perciò, non è rivalutato ogni anno, ma si rivaluta sul rivalutato dell’anno prima.
Si tratta quindi di anatocismo (svantaggio per l’azienda), cioè di un calcolo degli interessi sugli interessi che sono già maturati su una somma dovuta.
Ogni 16 dicembre le aziende sono tenute a versare l’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR accantonato e rimasto in azienda, nonché su quello versato al Fondo di Tesoreria INPS per le aziende con almeno 50 dipendenti. L’aliquota dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR ammonta al 17%.
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Vantaggi e svantaggi del TFR in previdenza complementare
Nell’elenco seguente, il Commercialista evidenzia le conseguenze di destinare il TFR ai fondi pensione: le prime quattro costituiscono un vantaggio, mentre l’ultimo punto potrebbe rappresentare un esito svantaggioso per l’azienda:
- esenzione dall’obbligo di rivalutazione del TFR;
- esenzione dal versamento del contributo al Fondo di Garanzia sul TFR;
- riduzione dei contributi minori o oneri impropri (esenzione dal versamento dei contributi sociali alla gestione prestazioni temporanee INPS);
- riduzione del reddito d’impresa;
- eventuali maggiori contributi da versare ai fondi pensione negoziali.
Di seguito vengono dettagliati i vari punti.
Esenzione dall’obbligo di rivalutazione del TFR
Il TFR spostato in previdenza complementare non è soggetto a quanto esposto nel paragrafo “la rivalutazione del TFR mantenuto in azienda”.
In tal caso l’azienda non dovrà rivalutare in alcun modo il TFR, ma spetterà ai vari Fondi Pensione investire in mercati finanziari per generare dei rendimenti ai lavoratori e alle lavoratrici.
Esenzione dal versamento del contributo al Fondo di Garanzia sul TFR
Il legislatore ha pensato ad uno strumento che tuteli il personale di un’azienda privata dal rischio che la stessa non sia in grado di pagare il TFR al momento dovuto: le aziende sotto i 50 dipendenti cui vengono affidate le quote di liquidazione hanno l’obbligo di versare un contributo sul Fondo di Garanzia (un obolo che anche le imprese “più sane” sono tenute a versare).
Se i lavoratori e le lavoratrici scelgono la previdenza integrativa, l’azienda ha un’esenzione contributiva pari allo 0,20% del RAL (si sale allo 0,40% nel caso di un quadro direttivo).
Riduzione dei contributi minori o oneri impropri
Il legislatore si è posto la questione dei TFR che mancano all’azienda e per ogni dipendente che lo sposta su un fondo pensione integrativo, l’azienda ottiene una riduzione dei contributi minori allo 0,28% del RAL.
Riduzione del reddito d’impresa
I primi 3 punti hanno come base di calcolo il Reddito Annuo Lordo, mentre questo vantaggio si basa sul TFR maturato nell’anno in corso e ricade sul reddito d’impresa sul quale le aziende beneficiano di una riduzione del 6% del TFR annuo applicabile al reddito d’impresa.
In pratica il 6% di tutto l’ammontare del TFR destinato alla previdenza completare è moltiplicato per l’aliquota IRES per ottenere il risparmio fiscale.
Se si supera la soglia dei 50 lavoratori il beneficio si riduce al 4%
Eventuali maggiori contributi da versare ai Fondi Pensione Negoziali
C’è un vantaggio per i lavoratori e le lavoratrici che aderiscono ai fondi pensione negoziali: si tratta del contributo dell’azienda, una liberalità che spetta al personale dipendente che decide di conferire il proprio TFR nella forma di previdenza complementare convenzionata.
Il lavoratore e la lavoratrice può scegliere di versare, oltre al TFR, un contributo individuale, calcolato come percentuale dello stipendio.
Il contributo è trattenuto mensilmente in busta paga e versato al Fondo Pensione e, se è almeno pari alla percentuale minima stabilita dagli accordi, il personale dipendente ha diritto anche al contributo aggiuntivo dell’azienda.
L’azienda potrebbe quindi avere un onere da sostenere che, secondo quanto previsto dal CCNL di riferimento o da specifico accordo aziendale, può variare circa dall’1% al 2,5% del RAL.
Questo potrebbe essere uno svantaggio (non previsto) dal dall’azienda, ma potrebbe essere anche considerato come un accordo con il lavoratore e la lavoratrice nel calcolare la retribuzione che gli spetta.
Sintesi sul costo del TFR e delle misure compensative per conferirlo alla previdenza complementare
Il legislatore ha previsto una serie di benefici fiscali e contributivi per le aziende, volti a compensare il versamento del TFR (fonte di liquidità) ai fondi di previdenza complementare.
Con l’esempio di seguito esposto si vuole esemplificare quanto esposto nel presente articolo:
Piccola impresa con 10 dipendenti con un totale di retribuzioni annue di € 300.000 e un TFR maturato di € 20.730 (6,91% delle retribuzioni)
Tipo di intervento | Conseguenza | TFR in azienda | TFR al fondo pensione |
Mantenimento del TFR in azienda | Rivalutazione fissa 1,5% + 0,75% inflazione (1) | € 621,90 | |
Misure di compensazione | |||
Esenzione dal versamento del contributo al Fondo di Garanzia sul TFR | 0,20% imponibile contributivo | € 0,00 | € 600,00 |
Riduzione dei contributi minori o oneri impropri | 0,28% | € 0,00 | € 840,00 |
Riduzione del reddito d’impresa | Riduzione reddito d’impresa 6% del TFR trasferito | € 0,00 | (2) € 298,51 |
(1) Si ipotizza un tasso di inflazione del 2% annuo
(2) Il 6% di € 20.730 (TFR maturato) = € 1.243,80 * 24% di IRES = € 298,51 di risparmio fiscale
Le misure compensative portano un beneficio di € 1.738,51 a cui si somma la mancata rivalutazione per un totale di € 2.360,41.
Tale importo, per essere conveniente per l’azienda, dovrebbe compensare:
- eventuali interessi per prestiti che garantiscano la liquidità in assenza del TFR in cassa;
- eventuali oneri contributivi aggiuntivi a carico dell’azienda per le adesioni ai Fondi di tipo collettivo;
- compensi al Consulente del Lavoro per la gestione della previdenza complementare (onere non previsto nel caso ci si rivolga al servizio di Elaborazione buste paga di Studio Scudo)
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